Di tutte le cose, la più grande è la carità
Coltivava un vero culto per il Papa del quale diceva: «è il Vicario di Gesù Cristo; è nostro Signore in terra; è il padre delle anime nostre. Chi ama il Papa ama Dio, quindi bisogna amarlo, rispettarlo, obbedirgli e pregare tanto per lui». Erano tempi, quelli, in cui l’odio anticlericale – di matrice “ottocentesca” più che di indole secolarizzata – si spingeva fino a denigrare la persona del Sommo pontefice e dei rappresentanti della Chiesa in generale.
Con il Papa, tutto il sacerdozio cattolico era oggetto di riverenza e di amore per la nostra beata, a cominciare dai sacerdoti della sua parrocchia e della diocesi, perché mediatori della Parola di Dio e del suo perdono. Da fervente catechista e mamma esemplare, insegnava ad accostarsi al sacramento della Penitenza con una frequenza regolare, per purificare l’anima da ogni traccia di peccato, fortificare la vita divina e accrescere la carità, così da poterci accostare all’Eucaristia meno indegnamente, con il cuore ricolmo di puro amore.
Con quale slancio parlava infatti e spesso dell’amore infinito del Padre, sempre pronto e felice di perdonare chiunque a lui ritornasse pentito. Per questo, anche, ottenne da Dio il dono di tre figli sacerdoti e divenne pure «Mamma Sacerdotale», essendolo tale per altre vocazioni alla vita religiosa e presbiterale. Mamma Rosa ha pregato tanto per ottenere dal Signore il dono del discernimento vocazionale nei riguardi dei suoi figli.
Era convinta e affermava che ogni persona ha davanti a sé una via da percorrere per vivere serenamente, nella gioia: il progetto da Dio preparato da sempre per ciascuno di noi. I disegni del Signore sono sempre dettati dal suo amore, perciò nell’adeguarci ad essi troviamo il vero significato della nostra vita, una vita segnata dalla gioia. Nella famiglia della nostra beata sono fiorite tutte le vocazioni: alla famiglia, alla vita religiosa, al sacerdozio. Volere il bene delle persone, dei giovani in specie, significa aiutarli a comprendere il progetto del Signore su di loro.
Vi era, poi, la carità reale e materiale per i poveri. Anzi, come accennato, per i più poveri tra i poveri.
Se Mamma Rosa fu una campionessa, ella lo fu soprattutto nel campo della carità. Alcuni testimoni affermano di averla sentita ripetere in diverse circostanze: «Gesù è venuto a noi per la via dell’amore; noi dobbiamo camminare nell’amore per giungere a lui». Questa è la carità evangelica che unisce, in un solo palpito, Dio e l’uomo nel nome di Cristo Dio, che è lo stesso amore infinito, e l’uomo che ne è l’immagine vivente. Mamma Rosa ha camminato, lungo l’intero arco della sua esistenza, per questa via che, secondo S. Paolo, è la più eccellente: lei vedeva e soccorreva nel bisognoso la persona di Gesù e, così facendo, esibiva al meglio il suo tratto di terziaria francescana, povera tra i poveri, come il Poverello di Assisi. La stessa biografia testimonia che quando era ancora ragazzina soffriva molto al solo vedere un povero; questo sentimento in lei crebbe e si affinò sempre più con gli anni. Poteva dire con Giobbe: «Fin dall’infanzia crebbe con me la misericordia».
Non vi è dubbio, che da madre natura avesse ricevuto un cuore colmo di pietà, un animo incline alla bontà, alla tenerezza, alla compassione. Sul suo volto si vedeva costantemente un sorriso che destava simpatia e affetto. Possedeva un carattere mite, dolce, tranquillo, senza scatti, né turbamenti. Fu aiutata, dunque, dalla natura nel raggiungimento della sua alta virtù, ma sicuramente e soprattutto dall’intimo, costante contatto con Dio che le consentì un totale controllo e padronanza su di sé. Ciò che in teologia si chiama la disponibilità agli effetti della grazia santificante.
Con il suo sentire fine e delicato, condivise le pene, le angustie, le necessità del prossimo fino a commuoversi davanti alle miserie altrui, fossero spirituali o materiali. Benché si facesse tutta a tutti, la sua preferenza si volgeva a quattro categorie: i peccatori, i tribolati, gli ammalati, i poveri. Pareva andasse in cerca di occasioni per esercitare la carità, seminava sui suoi passi bontà, conforto, gioia. Studiò tutte le strategie per mettere in pratica le opere di misericordia spirituali e materiali. Ricorrere a lei era come aprire uno scrigno pieno di virtù: bontà, generosità, comprensione umana, serenità. Incontrare Mamma Rosa significava capire che la vita è bella in ogni sua stagione se nutrita dall’amore di Dio e del prossimo.
Ed è certamente sul solco di questo terzo «punto focale» della spiritualità della Beata Eurosia Fabris Barban che il 19 Maggio 2007 presso il condominio «Piazzetta» di Marola di Torri di Quartesolo (VI) venne inaugurata una Casa di accoglienza per donne sole con bambini. Fu quel sabato di Maggio un momento di festa per questo servizio-segno voluto dalla Caritas del vicariato di Camisano Vicentino e reso possibile dall’intervento del Comune di Torri di Quartesolo (VI) che ha messo a disposizione un nuovo e capiente appartamento.
Da alcuni anni si percepiva l’esigenza di dare una risposta concreta alle situazioni di breve e media durata che alcune donne, sia italiane che straniere, vivono in una fase della vita in cui devono affrontare da sole la ricerca di un tetto, di un appoggio, di un accompagnamento verso una maggiore stabilità. Casa Mamma Rosa nata e sostenuta dalle parrocchie del vicariato e dalla Caritas diocesana, è certamente grata all’aiuto iniziale ricevuto da Casa «Porta aperta» della parrocchia di Aracoeli e da «Casa Mamma Nella di San Vito di Leguzzano (VI). ).
E da allora un gruppo di trenta volontari, preparati con corsi di formazione, ora seguito e guidato da un comitato di coordinamento, accompagna in modo personalizzato quanti sono ospitati e li aiuta ad essere in rete con le realtà istituzionali e del territorio.