Mamma Rosa catechista
L'attuale chiesa, dedicata alla Presentazione del Signore, fu progettata nel 1879 dall'architetto Federico Castegnaro, in sostituzione della vecchia, ormai pericolante. Fu portata al coperto nel 1880 e completata con la sacrestia e la cappellina invernale nel 1881. La facciata allungata verso la sommità e coronata di un timpano arrotondato è il risultato di una scelta architettonica del Novecento.
All'interno, posti sulle pareti perimetrali, vi sono i primi due altari, scolpiti in pietra tenera di Vicenza e impreziositi da marmo nero e marmo rosso. Sono dedicati a Sant'Antonio (a destra per chi entra in chiesa dalla porta Maggiore) - strutturato su un altro, precedentemente dedicato alla Madonna del Rosario -, e alla beata Eurosia Fabris (a sinistra) con, davanti, l'urna con le spoglie; troneggia l'arazzo con il volto della Beata, realizzato, in occasione della beatificazione, dall'artista barese Giuseppe Antonio Lomuscio, che si era ispirato al disegno fatto a suo tempo dal romano Ermilio Lazzaro, ma che scelse di ricostruire le fattezze giovanili della Beata. Mamma Rosa appare giovane, colorata, diversa dalla figura severa, quasi cupa, in bianco e nero che si conosceva; l'abito scuro ha sostituito il pesante saio monacale, nelle mani un crocifisso e un rosario non più da eremita, in testa non la ruvida cuffia nascondi-capelli, ma una permanente leggera con l'aggiunta di due orecchini, un tocco di femminilità.
I secondi due altari, di inizio Novecento, dedicati alla Vergine del Rosario e a San Luigi Gonzaga, sono opera dei fratelli Cavallini di Pove del Grappa. Le manierate decorazioni a tempera aggiunte nel XX secolo, secondo il gusto tardo barocco dei medaglioni con i volti della Madonna, di San Luigi Gonzaga, di Gesù benedicente, l'Assunta e l'Annunciazione, sono stati realizzati dal pittore Alessandro Zenatello per adornare la zona presbiteriale e il soffitto dell'aula.
La parete di fondo dell'abside accoglie una tela d'altare, datata 1618, raffigurante la Presentazione di Gesù al tempio, opera quasi sicuramente di ambito vicentino, che si ispira alla luminosità notturna dei Maganza e che trova nel bambinello centrale, già consapevole del ruolo predestinato, il punto luminoso che irradia santità ai personaggi raccolti attorno. L'opera più bella e suggestiva, situata sulla volta della navata, è il grande racconto dell'Assunzione di Maria in cielo, datato 1939, ancora di Zenatello.
Abbiamo cercato di presentare brevemente le caratteristiche peculiari della spiritualità di Rosina per sottolineare il fondamento biblico della sua preghiera. Rosa viveva sotto l’influsso dello Spirito Santo, si nutriva quasi quotidianamente di Gesù Eucaristico e invocava la Madre di Dio perché le fosse compagna di viaggio in ogni circostanza. Da quanto diversi testimoni tramandano, si può affermare che la giovane Rosa Fabris “respirava” la vita divina, una vita di preghiera.
Senza una costante, fervente, profonda preghiera non si cammina nelle vie dello Spirito e non si può certo diventare catechisti. Nutrita dalla Parola di Dio, dall’Eucaristia e sorretta dalla preghiera, Rosa visse una fede adulta benché fosse poco più che adolescente; lo comprese il suo parroco che, a lei ancora tanto giovane, affidò il ministero di catechista: “Quando Rosina era poco più che quindicenne, le affidarono il compito di insegnare il catechismo alle fanciulle. Non le si sarebbe potuto chiedere cosa più gradita, sia per la sua affezione verso quelle tenere creature, sia per il desiderio di offrire loro il gran dono dell’istruzione religiosa.
Ogni domenica, e spesso anche nei giorni feriali – in occasione di Cresime e di Prime Comunioni – si vedeva la nuova catechista seduta dinanzi ad una schiera di bimbe, tutta intenta a spiegare loro la dottrina cristiana. Aveva un’arte speciale di avvivare le aride formule del testo con delucidazioni, con esempi, con racconti, con ammonimenti e consigli, instillando in quei cuori puri l’amore di Gesù e di Maria, la fuga del peccato e dei suoi pericoli, il buon contegno nella Casa di Dio. Esortava le bambine ad essere attente in Chiesa durante le omelie e la spiegazione del Vangelo, perché – diceva – è proprio dal Vangelo che dobbiamo imparare a vivere da veri cristiani.
In questa scuola a lei così congeniale, durò per anni ed anni fino al matrimonio” .
I bambini e i ragazzi che l’ebbero catechista non dimenticarono mai la gioia che irradiava quando parlava della persona di Gesù, quando testimoniava la sua fede profonda, il suo amore alla Chiesa, la frequenza ai Sacramenti, la sua dedizione ai poveri, ad imitazione del Signore che è passato per le strade della Palestina facendo del bene a tutti.
Della loro catechista i piccoli del catechismo ricorderanno sempre la sua dolce pazienza, la gentilezza del tratto, l’affetto caldo e sincero che nutriva per tutti e per ciascuno. Rosa si vide ricambiata dall’affetto vivissimo di quei bimbi che la consideravano come una mamma: “Erano felici di starle accanto, di ascoltare le sue lezioni ed esortazioni; anzi, le facevano festa, accompagnandola sempre a casa, dolenti di doversene staccare per qualche giorno” .
Con le amiche e con i genitori dei suoi ragazzi usava un’arte particolare per distogliere la conversazione dalla mormorazione e dalla critica sterile e nociva; con uno stile suo proprio, fatto di soavità e di forti motivazioni, induceva al perdono, alla pace e all’amicizia ritrovata.
Mamma Rosa divenuta in seguito sposa e mamma, nella sua famiglia, nei confronti dei numerosi figli, fu anzitutto maestra di preghiera.
“Educò i figli offrendoli al Signore in un intreccio di comune pietà; cioè con la sua e con le loro preghiere.
Di tutti e di ciascuno trattò la causa e l’avvenire nei suoi contatti giornalieri con Dio. Voleva innamorarli di Gesù e della Madonna ed instillare in essi il gusto e la pratica dell’orazione come il miglior mezzo per farli crescere cristiani.
In questo è stata esigente, fin dai loro primi anni: in sua presenza pregavano quotidianamente prima dei pasti. Ad ogni aurora e ad ogni tramonto li invitava ad inginocchiarsi davanti all’immagine della Vergine di Monte Berico che dominava la parete della cucina.
Mentre essa accudiva alle faccende di casa sorvegliava i suoi figli genuflessi ripetendo con essi le formule antiche: il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria, l’Angelo di Dio, la Salve Regina, gli Atti di Fede, Speranza, Carità, di Dolore e il Requiem per i defunti. Chiudeva il ciclo delle preghiere un sommario del catechismo a seconda delle circostanze e delle festività dell’anno liturgico: il Credo, il Decalogo, i Precetti della Chiesa, le Opere di Misericordia, i Doni dello Spirito Santo” .
Da quanto abbiamo sopra riportato si può affermare, a buon diritto, che mamma Rosa praticò per i suoi figli la catechesi familiare tanto raccomandata in questi tempi dai nostri Vescovi.
La riflessione sulla Chiesa e sulla pastorale prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II ha posto in rilievo più volte e con interventi autorevoli del Papa e dei Vescovi il ruolo della famiglia nella pastorale e nell’educazione cristiana.
Le convinzioni alle quali si è pervenuti si possono riassumere in due punti:
- la famiglia e i genitori sono i primi educatori della fede perché i figli trovano in essa l’ambiente originario di vita e di esperienza;
- la fede da sempre si trasmette di generazione in generazione.
E’ da ricordare a questo proposito, quanto afferma il documento “Rinnovamento della catechesi” al n° 195:
“Oltre che per il Battesimo e la Cresima, sono catechisti, in forza del Sacramento del Matrimonio, i genitori, i quali, in quella che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, devono essere per i loro figli i primi maestri della fede. Nella famiglia cristiana, arricchita dalla grazia e dalla missione del Matrimonio-Sacramento, fin dalla più tenera età i figli imparano a conoscere a ad amare Dio ed il prossimo, secondo la fede che hanno ricevuto nel Battesimo. La grazia del Matrimonio specifica e corrobora la vocazione cristiana dei coniugi, iniziata con il Battesimo, consacrandoli Ministri di Dio per la santificazione della famiglia. Principio e fondamento dell’umana società, la famiglia diviene, con il Sacramento del Matrimonio, ‘il santuario domestico della Chiesa’, quasi ‘la Chiesa domestica’. In modo suo proprio rende manifesta la presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della Chiesa. L’amore, la fecondità generosa, l’umiltà, la fedeltà dei coniugi e la calda cooperazione di tutti i membri svelano mirabilmente la vocazione dell’umana società e l’infinito amore di Dio, riversando luce di fede e vigore di carità su tutta la vita. Genitori e figli crescono santificandosi insieme, soprattutto lungo la via della Croce, narrando le meraviglie operate da Dio, rendendo grazie a Lui in seno al suo popolo, offrendo testimonianza operosa nel mondo” .
Nella famiglia cristiana la coppia alimenta la sua fede con la testimonianza di ciascun coniuge, i quali ricevono molto dalla testimonianza di fede dei figli e dal cammino di formazione con il quale essi aiutano i figli a maturare il Battesimo:
“La famiglia è come la madre e la nutrice dell’educazione di tutti i suoi membri, in modo particolare per i figli: prevenuti dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli ed anzitutto quelli che convivono nell’ambiente familiare, troveranno più facilmente la strada della formazione veramente umana, della propria salvezza e di una vera santità.
L’educazione familiare trova la sua originalità e la sua efficacia nel carattere occasionale e nella immediatezza dei suoi insegnamenti, espressi innanzitutto nel comportamento stesso dei genitori e nell’esperienza spirituale di ciascuno. In famiglia ciascuno deve poter trarre un modello di vita permeato di fermenti cristiani, sperimentando dal vivo il senso di Dio, di sé stesso, del prossimo.
Al magistero della vita si unisce provvidamente il Magistero della Parola che, in famiglia, è quanto mai semplice e spontaneo. Nasce infatti nei momenti più opportuni e più vitali per celebrare, ad esempio, il mistero di una nuova vita che si accende, per interpretare una difficoltà e insegnare a superarla, per aprire alla coerenza spirituale, per ringraziare Dio dei suoi doni, per creare raccoglimento di fronte al dolore e alla morte, per sostenere sempre la speranza” .
Come si può notare, la presenza attiva della famiglia nell’educazione alla fede è un punto centrale degli orientamenti pastorali diocesani “Cristiani si diventa” (2001) e dei successivi itinerari ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia (2002), in modo tale da diventare, nell’itinerario crismale (2007), un prototipo per attuare il percorso di formazione.
Alla riflessione teologica e pastorale, nel campo delle scienze umane fa eco la ricerca psicologia, sociologica e pedagogica. La particolare attenzione verso la famiglia trova riscontro in molte osservazioni pratiche che gli educatori fanno a vari livelli. La frase ricorrente è sempre la stessa: se alle spalle non c’è la famiglia educata cristianamente, anche l’educazione dei ragazzi diventa difficile, perché si costruisce quasi sempre sulla sabbia.
E’ maturata perciò negli operatori pastorali l’esigenza di coinvolgere la famiglia nell’esperienza educativa e religiosa dei figli. A questo fine sono nate e crescono anche nella nostra Diocesi varie esperienze di “Catechesi familiare” di cui mamma Rosa è stata una originale precorritrice.
Leggendo l’esperienza di catechista di mamma Rosa nella sua famiglia, ritornano alla mente le parole di Paolo VI riportate nella lettera enciclica “Humanae Vitae”:
“La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque, nell’intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita” .
Alle parole di Paolo VI fanno eco quelle di Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica “Familiaris Consortio”:
“La famiglia cristiana, soprattutto oggi, ha una speciale vocazione ad essere testimone dell’alleanza pasquale di Cristo, mediante la costante irradiazione della gioia dell’amore e della sicurezza della speranza, della quale deve rendere ragione.
Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta, come dovrebbe essere, d’amore, di semplicità, di concretezza e di testimonianza quotidiana” .
Dalla lettura di moltissime testimonianze, mamma Rosa si presenta a noi come una sapiente catechista che, proprio come insegnano i nostri Vescovi nel catechismo dei fanciulli, educava:
- ad una personale adesione a Dio e al suo progetto
- alla scoperta delle verità fondamentali della nostra fede
- alla conquista di una mentalità di fede e di uno stile conforme al Vangelo
- ad una preghiera personale e liturgica
- alla consapevolezza dell’appartenenza alla Chiesa
- ad una vita liturgica e sacramentale vissute intensamente
- alla missione di carità
- al discernimento vocazionale.
Per mamma Rosa Dio è sempre il Padre celeste che per salvarci dal male e dalla morte ha inviato sulla terra suo Figlio Gesù per insegnarci a vivere da veri figli di Dio, sull’esempio di Gesù. Ha sempre nutrito una profonda confidenza filiale nei confronti del Padre, e ha insegnato a chiamarlo Padre Nostro, secondo l’insegnamento evangelico. Lo ha presentato ai figli e a coloro che ascoltavano le sue semplici, chiare e profonde esortazioni, come il “Papà buono” sempre occupato di noi, suoi figli, che accompagna lungo il cammino terreno e attende alle soglie dell’eternità per introdurli nella sua Casa per sempre.
Credeva fermamente nella Providenza divina che interviene per soccorrerci spiritualmente, moralmente e anche materialmente nelle nostre necessità. Lei, come sposa e madre, ebbe una vita non sempre facile e non certo agiata, ma sperimentò più volte l’intervento del Cielo al quale si era rivolta con fiducioso abbandono. Dio-Padre per mamma Rosa era una persona viva, presente e amorevolmente operante nell’esistenza di ogni uomo.
“Non aveva studiato pedagogia; ma aveva una intuizione speciale ed era una profonda scrutatrice dell’animo umano. Il suo occhio limpido e puro sapeva leggere nelle coscienze e nel medesimo tempo riusciva ad imporsi con una dolcezza meravigliosa. Le sue raccomandazioni, vive e sentite, accompagnate dal suo dolce sguardo e dal suo amabile sorriso, rimanevano perennemente impressi nei cuori” .
Aveva un metodo speciale per portare la conversazione su argomenti di fede e così, quasi continuando un piacevole racconto, spiegava le verità di fede contenute nel Credo e si adeguava al calendario liturgico per soffermarsi sul mistero dell’Incarnazione in Avvento e a Natale; sul periodo di preghiera e di digiuno trascorso da Gesù nel deserto in Quaresima; sul tradimento di Giuda, sulla Passione, Morte e Risurrezione del Signore nella Settimana Santa e nel tempo Pasquale.
Innamorata di Gesù Eucaristia, raccontava con commozione visibile l’episodio dell’ultima Cena del Signore, durante la quale egli ha istituito il Sacramento dell’Eucaristia.
Parlava con entusiasmo dello Spirito Santo che tanto invocava sulla sua famiglia e su tutta la Chiesa, presentandolo come il nostro compagno di vita, colui che Gesù, tornando al Padre, ci ha mandato perché ci rivelasse la verità tutta intera. Mamma Rosa aveva acquisito una profonda mentalità di fede vissuta e testimoniata nel quotidiano:
“Era, la sua, una fede semplice ed operosa, sentita e profonda; una fede intima, convinta, totale; si può dire che quasi vedesse quanto credeva; una fede chiara e limpida, come un raggio di sole. Per lei la fede era di un’evidenza palmare: sembrava a lei la cosa più naturale il complesso dei grandi misteri della nostra religione. Il suo cuore si dilatava quando sentiva parlare di Dio, della Santissima Trinità, di Gesù, della Madonna, dei Santi e del Paradiso. Si vedeva che la sua anima si dilatava assaporando le dolcezze della fede. Ripeteva spesso con viva convinzione: ‘Ringraziamo il Signore di essere cristiani. E’ la più grande grazia di Dio’.
Non aveva fatto studi particolari sulla religione. Come si è detto, tutta la sua scienza religiosa era questa: il Vangelo, la ‘Storia Sacra’, il Catechismo, la Parola del sacerdote dal pulpito e dal confessionale, un libro di preghiere, la corona del Rosario. Eppure parlava delle cose di fede con una precisione sorprendente, vi univa un non so ché di spontaneo e di sentito che rivelava subito un’impronta soprannaturale impressa in lei dal suo finissimo ‘sensus Christi’” .
Rosa Barban è stata catechista e maestra di spiritualità, perché la sua vita è stata una continua comunicazione con Dio:
“Forse non le fu mai insegnata la tecnica della meditazione, ma la sua mente era quasi sempre occupata in cose celesti, in Santi pensieri. L’unzione dello Spirito Santo, che parla con i semplici, le insegnò la grande arte di trattare e conversare con Gesù. A questo proposito, ormai anziana, confidò con semplicità ad un sacerdote, di non essere mai stata, in tutta la sua vita, dieci minuti o al massimo un quarto d’ora senza pensare a Dio e pregare. Viveva in un’atmosfera spirituale, pure attendendo alle faccende materiali. Ognuno si accorgeva che era ripiena del pensiero e dell’Amore di Dio. Nascondendosi in Lui, trovava tutta la sua gioia. Un giorno fu colta sulle sue labbra questa rivelatrice espressione: ‘Io non desidero altro che l’Amore di Dio e di crescere sempre più nell’Amore di Dio. Del resto non m’importa nulla!’. Lo stesso testimonio continua: Dal suo contegno, dalle sue parole, poche e misurate, anche dal suo sguardo, si capiva subito e chiaramente che essa era unita a Dio, che viveva nell’Amore di Dio. Ogni cosa la innalzava a pensieri e sentimenti soprannaturali.
Fu notata da molti la sua tenerezza verso i bambini. Spesso nell’accarezzarli, le usciva spontanea l’esclamazione: ‘Oh, com’è bello e grazioso! Sembra tutto il Bambino Gesù’ – oppure: ‘Oh, come questa bimba rassomiglia a Maria Bambina!’. La sua conversazione era piacevole, assennata, edificante. Soprattutto sapeva intromettervi sempre la nota soprannaturale, ma lo faceva così bene, che nessuno se ne accorgeva: la sua bocca parlava di ciò che abbondava nel cuore. Cercava ogni occasione per dire la Parola buona ai piccoli e agli adulti e pur discorrendo di cose indifferenti, vi mescolava sempre il richiamo al Signore e alla sua bontà infinita. E così, con il suo esempio e con le sue parole trascinava gli altri all’amore di Dio e all’osservanza dei suoi comandamenti” .
Rosa era assidua nel frequentare la parrocchia; partecipava con profonda fede al sacrificio eucaristico e nei pomeriggi festivi alle Sacre Funzioni durante le quali il sacerdote impartiva una specifica lezione di catechesi per adulti.
Mamma Rosa ha nutrivo e comunicato un sincero, convinto amore alla Chiesa fondata da Gesù sugli Apostoli e continuata dai loro successori. Coltivava un vero culto per il Papa del quale diceva: “E’ il Vicario di Gesù Cristo; è nostro Signore in terra; è il padre delle anime nostre. Chi ama il Papa ama Dio, quindi bisogna amarlo, rispettarlo, obbedirgli e pregare tanto per lui” .
Erano tempi, quelli, in cui l’odio anticlericale si spingeva fino a denigrare la persona del Sommo pontefice e dei rappresentanti della Chiesa in generale.
Con il Papa, tutto il sacerdozio cattolico era oggetto di riverenza e di amore per la nostra beata, a cominciare dai sacerdoti della sua parrocchia e della diocesi, perché mediatori della sua parola e del suo perdono.
Da fervente catechista e mamma esemplare, insegnava ad accostarsi al sacramento della Penitenza con una frequenza regolare, per purificare l’anima da ogni traccia di peccato, fortificare la vita divina e accrescere la carità, così da poterci accostare all’Eucaristia meno indegnamente, con il cuore ricolmo di puro amore.
Con quale slancio parlava dell’amore infinito del Padre, sempre pronto e felice di perdonare chiunque a lui ritorna pentito!
Per ricevere i sacramenti, soprattutto per accostarsi all’Eucaristia, Eurosia voleva che i figli mettessero i vestiti più belli, in segno di rispetto e di festa. Ascoltiamo un’altra testimonianza:
“Nei giorni festivi mamma Rosa aveva quasi un’ambizione di preparare i suoi figli con il vestito più bello. Voleva che fossero messi bene anche esteriormente, perché diceva. ‘Il Signore ama la pulizia dell’anima e anche quella del corpo. Davanti a Dio bisogna esser belli nell’anima e ben puliti anche nel vestito’. I giorni più belli per questa madre erano quelli in cui i suoi figli ricevevano il santo Battesimo, sempre dentro l’ottavo dalla nascita, e poi, all’età richiesta, la Cresima e la Prima Comunione” .
Mamma Rosa fu grande catechista soprattutto nel campo della carità: Alcuni testimoni affermano di averla sentita ripetere in diverse circostanze:
“Gesù è venuto a noi per la via dell’amore; noi dobbiamo camminare nell’amore per giungere a lui” .
Questa è la carità evangelica che unisce, in un solo palpito, Dio e l’uomo nel nome di Cristo; Dio che è lo stesso amore infinito e l’uomo che ne è l’immagine vivente. Mamma Rosa ha camminato, lungo l’intero arco della sua esistenza, per questa via che, secondo S. Paolo, è la più eccellente; lei vedeva e soccorreva nel bisognoso la persona di Gesù.
Un testimonio afferma: “Quando era ancora ragazzina soffriva molto al solo vedere un povero; e questo sentimento in lei crebbe e si affinò sempre più con gli anni. Poteva dire con Giobbe: ‘Fin dall’infanzia crebbe con me la misericordia” .
Da madre natura aveva ricevuto un cuore colmo di pietà, un animo incline alla bontà, alla tenerezza, alla compassione. Sul suo volto si vedeva costantemente un sorriso che destava simpatia e affetto. Possedeva un carattere mite, dolce, tranquillo, senza scatti, né turbamenti. Fu aiutata, certo, dalla natura nel raggiungimento della sua alta virtù, ma sicuramente e soprattutto dall’intimo, costante contatto con Dio che le consentì un totale controllo e padronanza su di sé. Con il suo sentite fine e delicato, condivise le pene, le angustie, le necessità del prossimo fino a commuoversi davanti alle miserie altrui, fossero spirituali o materiali. Benché si facesse tutta a tutti, la sua preferenza si volgeva a quattro categorie: i peccatori, i tribolati, gli ammalati, i poveri. Pareva andasse in cerca di occasioni per esercitare la carità, seminava sui suoi passi bontà, conforto, gioia. Studiò tutte le strategie per mettere in pratica le opere di misericordia spirituali e materiali. Ricorrere a lei era come aprire uno scrigno pieno di virtù: bontà. generosità, comprensione umana, serenità; incontrare Mamma Rosa significava capire che la vita è bella in ogni sua stagione se nutrita dall’amore di Dio e del prossimo.
Mamma Rosa ha pregato tanto per ottenere dal Signore il dono del discernimento vocazionale nei riguardi dei suoi figli. Era convinta e affermava che ogni persona ha davanti a sé una via da percorrere per vivere serenamente, nella gioia: il progetto da Dio preparato da sempre per ciascuno di noi. I disegni del Signore sono sempre dettati dal suo amore, perciò nell’adeguarci ad essi troviamo il vero significato della nostra vita, una vita segnata dalla gioia.
Nella famiglia della nostra beata sono fiorite tutte le vocazioni: alla famiglia, alla vita religiosa, al sacerdozio. Volere il bene delle persone, dei giovani in specie, significa aiutarli a comprendere il progetto del Signore su di loro. Rosa Fabris pregò, consigliò, orientò vocazionalmente non soltanto i suoi figli, ma anche le giovani che, numerose, frequentavano quotidianamente la sua casa per imparare l’arte del cucito. Anche a loro, che l’ascoltavano con grande interesse e simpatia, insegnò a dialogare con Dio, ad approfondire la fede, ad impegnarsi nella carità del prossimo e a scoprire il disegno del Signore nei loro riguardi.
“La sua casa non fu soltanto una palestra di fatiche personali per l’educazione dei figli. Il beneficio della sua opera si estese anche a quanti le furono vicini per ragioni di lavoro e di amicizia. La fama della sua bontà e della sua abilità le attirò per molti anni uno stuolo di ragazze del vicinato che si avvicendavano in casa sua come apprendiste di sartoria. Fu così che si radunò presso di lei una scuola casalinga di taglio e di cucino per giovani, a vantaggio di molte famiglie. Questa iniziativa, sorta in modo spontaneo, senza clamori, offrì a mamma Rosa la felice occasione di praticare la carità e l’apostolato. Prima di tutto fu un atto di carità squisita, perché le giovani si addestravano in quest’arte senza pagare mai nulla; anzi, spesso cucivano a beneficio delle loro famiglie e per il proprio corredo nuziale. Oltre il soccorso materiale, mamma Rosa mirava soprattutto al bene spirituale delle sue allieve. Con esse svolse un apostolato spicciolo, quotidiano, nascosto, con l’impronta di una cordiale semplicità; quasi come una madre che si giovava del lavoro per lo stimolo della pietà e della virtù. Queste ragazze, tanto a lei affezionate, sono divenute le più attese e assidue osservatrice del metodo e del tenore di vita tanto virtuoso di mamma Rosa. E’ risaputo che gli alunni sono i migliori giudici dei loro insegnanti, quando i contatti di studio durano a lungo. Ebbene, intorno alla nostra umile maestra è un coro di voci, pervase di venerazione e di gratitudine che la esaltano” .
sr. Maria Zaffonato