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Insostituibilità della famiglia

Fu notata da molti la sua tenerezza verso i bambini. Spesso nell’accarezzarli, le usciva spontanea l’esclamazione: «Oh, com’è bello e grazioso! Sembra tutto il Bambino Gesù – oppure: «Oh, come questa bimba rassomiglia a Maria Bambina!».

La sua conversazione con loro era piacevole, assennata, edificante. Soprattutto sapeva intromettervi sempre la nota soprannaturale, ma lo faceva così bene, che nessuno se ne accorgeva: la sua bocca parlava di ciò che abbondava nel cuore. Cercava ogni occasione per dire la Parola buona ai piccoli e agli adulti e pur discorrendo di cose indifferenti, vi mescolava sempre il richiamo al Signore e alla sua bontà infinita.

E così, con il suo esempio e con le sue parole, trascinava gli altri all’amore di Dio e all’osservanza dei suoi comandamenti. Soprattutto aiutava i piccoli con la effettiva carità. D’altronde, non era uno scenario storico e sociale semplice quello in cui si trovò ad operare. Eurosia visse nei primi decenni del Novecento, che furono caratterizzati da una forte crisi economica, da tanta povertà, con l’emigrazione e con le conseguenze della guerra del 1915-18.

Scarso era il denaro e le famiglie bisognose erano assai numerose; non esisteva ancora la previdenza sociale e Mamma Rosa faceva quello che poteva, non con i soldi che mancavano, ma con i prodotti dell’orto e del pollaio. Persuase spesso il marito ad alloggiare i pastori o i pellegrini di passaggio e quasi ogni notte, nel fienile o nella stalla, c’erano persone che dormivano e alle quali Rosina forniva anche la cena. Una volta una donna partorì un bambino nella stalla e lei si attivò per aiutarla, cosicché i coniugi Barban accolsero quella famiglia per tre giorni nella loro casa.

Leggendo con attenzione la biografia, si intuisce che l’amore di Mamma Rosa per i bambini e i figli proveniva dalla consapevolezza, frutto di diuturna meditazione sulla Bibbia, che una Persona della Santissima Trinità, il Figlio Gesù, si era fatto bambino nel Presepe.

Era profondamente convinta che il Padre celeste per salvarci dal male e dalla morte aveva inviato sulla terra suo Figlio Gesù per insegnarci a vivere da veri figli di Dio, appunto sull’esempio di Gesù.

Per questo nutrì sempre una profonda confidenza filiale nei confronti del Padre, e insegnava a chiamarlo «Padre Nostro», secondo il dettato evangelico.

Lo ha presentato ai figli e a coloro che ascoltavano le sue semplici, chiare e profonde esortazioni, come il «Papà buono» sempre attento ai suoi figli, che accompagna lungo il cammino terreno e attende alle soglie dell’eternità per introdurli nella sua Casa e in quel tempo che non finirà. In realtà, Mamma Rosa possedeva una fede incrollabile nella Provvidenza Divina che interviene per soccorrerci spiritualmente, moralmente e anche materialmente nelle nostre necessità.

Lei, come sposa e madre, ebbe una vita non sempre facile e non certo agiata, ma sperimentò più volte l’intervento del Cielo al quale si era rivolta con fiducioso abbandono. Dio Padre, per Mamma Rosa, era una persona viva, presente e amorevolmente operante nell’esistenza di ogni uomo.

Non aveva studiato pedagogia; ma aveva un’intuizione speciale ed era una profonda scrutatrice dell’animo umano. Il suo occhio limpido e puro sapeva leggere nelle coscienze e nel medesimo tempo riusciva a imporsi con una dolcezza meravigliosa.

Le sue raccomandazioni, vive e sentite, accompagnate dal suo dolce sguardo e dal suo amabile sorriso, rimanevano perennemente impressi nei cuori.

Mamma Rosa, divenuta in seguito pure lei sposa e mamma, nella sua famiglia, nei confronti dei numerosi figli, fu anzitutto maestra di preghiera.

Educò i figli offrendoli al Signore in un intreccio comune di pietà; cioè con la sua e con le loro preghiere. Di tutti e di ciascuno curò la causa e l’avvenire nei suoi contatti giornalieri con Dio: voleva farli innamorarli di Gesù e della Madonna e instillare in essi il gusto e la pratica dell’orazione come il miglior mezzo per farli crescere cristiani. In questo fu esigente fin dai loro primi anni: in sua presenza pregavano quotidianamente prima dei pasti; ad ogni aurora e ad ogni tramonto li invitava ad inginocchiarsi davanti all’immagine della Vergine di Monte Berico (VI), che dominava la parete della cucina.

Mentre essa accudiva alle faccende di casa sorvegliava i suoi figli genuflessi ripetendo con essi le formule più comuni della preghiera cristiana: il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria, l’Angelo di Dio, la Salve Regina, gli Atti di Fede, Speranza, Carità, di Dolore e il Requiem per i defunti. Chiudeva il ciclo delle preghiere un sommario del catechismo a seconda delle circostanze e delle festività dell’anno liturgico: il Credo, il Decalogo, i Precetti della Chiesa, le Opere di Misericordia, i doni dello Spirito Santo.

Da questo caleidoscopio di dettagli, si può affermare, a buon diritto, che Mamma Rosa praticò per i suoi figli la catechesi familiare tanto raccomandata in questi tempi dai nostri vescovi.

La riflessione sulla Chiesa e sulla pastorale prima, durante e dopo il Concilio Vaticano II ha posto in rilievo più volte e con interventi autorevoli del Papa e dei vescovi il ruolo della famiglia nella pastorale e nell’educazione cristiana. Le convinzioni alle quali si è pervenuti sono sostanzialmente due: innanzitutto, la famiglia e i genitori sono i primi educatori della fede perché i figli trovano in essa l’ambiente originario di vita e di esperienza cristiana; soltanto così, la fede da sempre si trasmette di generazione in generazione. Lo afferma chiaramente anche il prezioso Documento Rinnovamento della Catechesi: «Oltre che per il Battesimo e la Cresima, sono catechisti, in forza del Sacramento del Matrimonio, i genitori, i quali, in quella che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, devono essere per i loro figli i primi maestri della fede.

Nella famiglia cristiana, arricchita dalla grazia e dalla missione del Matrimonio-Sacramento, fin dalla più tenera età i figli imparano a conoscere e ad amare Dio ed il prossimo, secondo la fede che hanno ricevuto nel Battesimo. La grazia del Matrimonio specifica e corrobora la vocazione cristiana dei coniugi, iniziata con il Battesimo, consacrandoli ministri di Dio per la santificazione della famiglia. Principio e fondamento dell’umana società, la famiglia diviene, con il Sacramento del Matrimonio, “il santuario domestico della Chiesa”, quasi “la Chiesa domestica”.

In modo suo proprio rende manifesta la presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della Chiesa. L’amore, la fecondità generosa, l’umiltà, la fedeltà dei coniugi e la calda cooperazione di tutti i membri svelano mirabilmente la vocazione dell’umana società e l’infinito amore di Dio, riversando luce di fede e vigore di carità su tutta la vita. Genitori e figli crescono santificandosi insieme, soprattutto lungo la via della Croce, narrando le meraviglie operate da Dio, rendendo grazie a Lui in seno al suo popolo, offrendo testimonianza operosa nel mondo» (RdC, n. 195).

Nella famiglia cristiana la coppia alimenta la sua fede con la testimonianza di ciascun coniuge, i quali ricevono molto dalla rispettiva testimonianza di fede dei figli e dal cammino di formazione con il quale essi aiutano i figli a maturare il Battesimo. La famiglia, infatti, è come la madre e la nutrice dell’educazione di tutti i suoi membri, in modo particolare per i figli: prevenuti dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli ed anzitutto quelli che convivono nell’ambiente familiare, troveranno più facilmente la strada della formazione veramente umana, della propria salvezza e, soprattutto, di una vera santità.

Come è successo per ciascuno e ciascuna di noi, l’educazione familiare trova la sua originalità e la sua efficacia nel carattere occasionale e nella immediatezza dei suoi insegnamenti, espressi innanzitutto nel comportamento stesso dei genitori e nell’esperienza spirituale di ogni membro costituente il nucleo familiare. In famiglia ciascuno deve poter trarre un modello di vita permeato di fermenti cristiani, sperimentando dal vivo il senso di Dio, di se stesso, del prossimo. Alla riflessione teologica e pastorale, nel campo delle scienze umane fa eco la ricerca psicologia, sociologica e pedagogica.

La particolare attenzione verso la famiglia trova riscontro in molte osservazioni pratiche che gli educatori fanno a vari livelli. La frase ricorrente è sempre la stessa: se alle spalle non c’è la famiglia educata cristianamente, anche l’educazione dei ragazzi diventa difficile, perché si costruisce quasi sempre sulla sabbia. È maturata perciò negli operatori pastorali l’esigenza di coinvolgere la famiglia nell’esperienza educativa e religiosa dei figli.

A questo fine sono nate e crescono recentemente nelle Diocesi varie esperienze di «Catechesi familiare» di cui Mamma Rosa è stata una originale precorritrice. Leggendo l’esperienza di catechista di Mamma Rosa nella sua famiglia, ritornano alla mente le parole di Paolo VI riportate nella lettera enciclica Humanae Vitae: «La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia.

Dunque, nell’intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita» (HV, n. 11).

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