Demo

Omelia per la beatificazione

La preghiera del salmo di questa domenica XXXII del tempo ordinario esprime il desiderio di chi cammina verso il Signore e vuole incontrarlo, abbeverarsi alle fonti della sua grazia, esultare di gioia all'ombra delle sue ali.
Il salmo 62 è uno di quelli che gli israeliti cantavano nel pellegrinaggio verso Gerusalemme, un salmo ascensionale che accompagnava il cammino verso la Città santa, scandito dai canti e dal crescente desiderio di raggiungere la città dove c'era il grande tempio del Signore, la sua dimora in terra.
La beatificazione di Eurosia Fabris Barban, che il Santo Padre benevolmente ha concesso di celebrare nella Cattedrale di Vicenza, Diocesi dove la nuova Beata è nata, vissuta ed è sepolta, rappresenta una tappa signifi‑
cativa e da ricordare perennemente nel pellegrinaggio di fede che la Chiesa vicentina ha compiuto nella sua storia e sta compiendo verso il suo Signore.
Tanti sono i testimoni di questa fede, che, nata dal sangue dei martiri e confessori dei primi secoli dell'era cristiana, si è via via consolidata grazie ad una schiera di cristiani santi, vescovi, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose e laici, che sono ancora oggi onorati e venerati dal popolo di Dio di questa nostra terra e che rappresentano una luce luminosa nel cammino ecclesiale della comunità diocesana.
Come le vergini sagge della parabola evangelica, i nostri Beati e Santi, dai martiri Felice e Fortunato al diacono san Vincenzo, da santa Bertilla e santa Bakhita alla beata Gaetana Sterni, dal beato fra Claudio Granzotto al beato Giovanni Antonio Farina, hanno atteso la venuta dello Sposo divino con le lampade accese ripiene dell'olio della loro carità verso Cristo e gli uomini e sono entrati nella nozze eterne per gustare la festa senza fine del suo Regno.
Accanto a loro una schiera innumerevole di uomini e donne ne hanno seguito l'esempio, e anche se la Chiesa non li propone come modelli riconosciuti di santità, sono stati ritenuti, senza dubbio, degni di partecipare al banchetto eterno, perché fedeli e saggi sono andati incontro allo sposo vivendo il Vangelo nelle proprie famiglie e comunità e nelle varie vocazioni che il Signore ha loro donato.
Oggi una di queste persone semplici e popolari, espressione di una famiglia come tante delle nostre famiglie, viene beatificata dalla Chiesa per insegnare che è lì, nel vissuto concreto di ogni giorno, nella ferialità della propria esistenza, che ci si può santificare secondo la vocazione propria di ciascuno.
La Chiesa è viva, ha proclamato con forza Papa Benedetto XVI nell'omelia che ha segnato l'inizio del suo pontificato. Lo ha ripetuto ai giovani nella Giornata mondiale della gioventù a Colonia.
Anch'io affermo che la Chiesa di Vicenza è viva e lo manifesta con questa beatificazione. Dai frutti, infatti, si riconosce se un albero è buono e fecondo. E il frutto più bello e ricco, dono dello Spirito Santo alla Chiesa, è la santità.
Questo evento deve dunque infondere in tutti noi pastori, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose e fedeli della Diocesi motivi di grande fiducia e impegno per rinnovare la fede in Cristo, testimoniarla con gioia nell'esistenza di ogni giorno mediante la carità, vincere ogni timore e scoraggiamento e camminare insieme nella certezza che il Signore è con noi e ci sorprende con segni e testimonianze meravigliose.
Dobbiamo essere tutti più convinti che non sono principalmente la quantità del lavoro e l'affannato attivismo pastorale che fanno crescere la comunità cristiana, ma la qualità della sua fede e della carità. Una Chiesa non la si organizza, ma la si genera con la fecondità dei carismi. E tra tutti i carismi il più necessario è la santità. Al vigore del linguaggio, alla forza degli argomenti, all'efficienza delle strutture, la sensibilità dell'uomo contemporaneo può anche opporre resistenza, ma si arrende facilmente davanti ai segni della santità.
Mamma Rosa viene indicata come modello di una santità possibile a tutti, perché, da sposa e madre, è vissuta nella semplicità evangelica del dono di sé e del sacrificio per amore, nel quotidiano di una vita di famiglia accettata con le sue pene e sofferenze, gioie e speranze, nella continua ricerca della volontà di Dio da accogliere e fedelmente servire, non solo dentro la propria casa ma
nella comunità, ossia verso tutti coloro che sono nel bisogno.
Da qualche anno l'attenzione forte della nostra Diocesi è rivolta alla famiglia considerata nella sua centralità educativa e cristiana. Il tema «Cristiani si diventa in famiglia» trova nella vita della Beata un luminoso esempio per ogni madre e per ogni famiglia.
Oggi possiamo annunciare con gioia che non solo cristiani, ma anche santi si diventa in famiglia.
Mamma Rosa, di fronte alle prove dure che la sua comunità familiare dovette superare, amava ripetere: «Coraggio sempre. Facciamo la volontà di Dio e vedrete che Egli ci aiuterà. Il Signore ci ama tanto ed è morto per noi. Perché diffidare della sua Provvidenza?».
È la fede in Dio il motore della santità della Beata, una fede che si impasta con i problemi esistenziali che vengono vissuti come eventi di grazia anche quando esigono di essere portati, come la croce di Cristo, con spirito di obbedienza e di sacrificio. Così la famiglia diviene una continua scuola di vita cristiana dove genitori e figli si aiutano a camminare verso il Signore con la lampada della fede accesa, alimentata dall'olio dell'amore.
La carità di mamma Rosa stupiva tutti perché, oltre a seguire la sua numerosa famiglia, riusciva a trovare il tempo di visitare le persone ammalate e sofferenti del paese. Si conferma così che più uno vive dell'amore di Dio e più trova vie e tempo per amare gli altri.
L'apertura generosa alla vita, il coraggio di affrontare le prove con serenità e fiducia in Dio,la cura dei figli perché crescano nella fede,in umanità e amore tra loro,la generosità verso chi è nel bisogno anche se fuori della propria famiglia sono solo alcuni dei tratti caratteristici della personalità dolce e forte di mamma Rosa e che possono essere additati come modello per le famiglie cristiane.
Ma c'è anche un altro aspetto importante che merita di essere ricordato in questa solenne celebrazione: le vocazioni religiose di cui è stata arricchita la casa di mamma Rosa.
Ben tre figli sacerdoti, due preti diocesani ed un religioso frate minore, una figlia suora, un altro figlio morto da seminarista e un figlio adottivo frate minore. Altri figli si sono sposati e hanno vissuto il loro Matrimonio ricevendone forza dall'esempio dei genitori. Le vocazioni dei figli sono state il frutto più bello e fecondo della fede e dell'amore che univa nel Matrimonio i due sposi e la loro famiglia.
Oggi per molte famiglie la vocazione sacerdotale o religiosa di un figlio o di una figlia rappresenta un problema ed una preoccupazione non una gioia ed un invito ad aprirsi con generosità al disegno di Dio. Questo deriva certamente dal fatto che la gratuità del dono di sé ed il sacrificio che la scelta vocazionale comporta spaventano chi pensa al futuro, avendo davanti modelli alternativi, cha appaiono più facili e produttivi per la vita. Viene a mancare la fiducia in Dio e la gioia di accogliere la sua chiamata come grazia e dono grande per la stessa famiglia.
Per mamma Rosa la gioia di vedere i figli incamminati sulla via della vita consacrata per aderire con tutto il cuore a Cristo era motivo di consolazione come lo era il vedere gli altri figli percorrere la vocazione matrimoniale formando buone e sane famiglie cristiane.
Anche per questo aspetto vogliamo rendere grazie al Signore e chiedere l'intercessione della Beata, affinché le famiglie della nostra terra ritrovino il coraggio e l'orgoglio di donare un figlio o una figlia alla Chiesa.
Di questa nuova stagione di vocazioni ha bisogno la nostra Diocesi e ne hanno bisogno i giovani e le ragazze, che cercano un senso alla vita e sentono nascere dentro di
sé il desiderio di trovare la vera gioia interiore nel servizio di Dio e degli altri. I loro genitori e le nostre comunità siano attente e disponibili ad incoraggiare, accompagnare e sostenere con la preghiera e l'amicizia la ricerca vocazionale di questi giovani.
Come mamma Rosa insegna, vale di più l'esempio e l'ambiente di vita che tanti discorsi. La testimonianza dei genitori, dei sacerdoti ed educatori e l'ambiente ricco di spiritualità e di fraternità della propria casa e parrocchia favoriscono lo sbocciare di autentiche vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e al matrimonio cristiano.
«Vegliate dunque perché non sapete né il giorno, né l'ora»
La parola di Gesù sprona a metterci nel giusto atteggiamento di preghiera e di attesa propri di questo tempo finale dell'anno liturgico. La vigilanza cristiana non è passività, ma impegno operoso su un piano diverso da quello che il mondo propone continuamente.
Mamma Rosa vede riconosciute anche dalla Chiesa la fede e la carità che l'hanno guidata nella vita e gioisce in cielo della gloria che il Signore le ha riservato, perché ha sempre desiderato, come terziaria francescana, la semplicità e la povertà di spirito e ha camminato sulla via dell'umiltà e della docilità al volere di Dio.
Questa è la via che permette di stare svegli e desti per accogliere la chiamata definitiva del Signore, che viene ad aprire la porta per partecipare alla gioia del banchetto di quelle nozze eterne preparate nel suo Regno, per coloro che lo aspettano con perseveranza.
Siamo vigilanti, dunque, nella preghiera e nella carità per raccogliere subito l'invito del Signore e senza tentennamenti aderirvi con tutto il cuore. Mamma Rosa ci
aiuti a camminare con questa tensione positiva e ricca di speranza, svolgendo il nostro dovere come ha fatto lei, con umile accettazione della vita e di tutte le sue realtà positive e problematiche, senza mai scoraggiarci ed allentare lo slancio del cuore nella ricerca del Signore, che si lascia trovare da chi lo desidera e lo accoglie ogni giorno con amore. Così sia.

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