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Decreto sulle virtù

Serva di Dio Eurosia Fabris (ved. Barban)
decreto sulle virtù

“Siate sottomessi gli uni gli altri nel timore di Cristo” (Ef  5, 21).
L’Apostolo Paolo ricorda ai coniugi cristiani il dovere di amarsi reciprocamente l’un l’altro, così come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (cf. Ef  5, 25). Nella luce di tali insegnamenti, la Serva di Dio Eurosia Fabris (ved. Barban) amò il marito con fedeltà e dedizione e, adempiendo pienamente i propri doveri di sposa e di madre, fece del matrimonio uno strumento di santificazione ed operò con assiduità per la  maggior gloria di Dio e per l’estensione del Regno di Cristo.  

Questa fedele testimone del Redentore nacque il 27 settembre 1866 a Quinto Vicentino da genitori che le assicurarono un’adeguata formazione cristiana. Pochi anni dopo la sua famiglia si trasferì a Marola, dove la Serva di Dio trascorse il resto della vita. Frequentate le prime due classi elementari, dovette interrompere gli studi per aiutare la madre nei lavori domestici e dare una mano al padre nella coltivazione dei campi. Quando era ancora giovanetta, si recava in parrocchia per insegnare alle bambine la dottrina cristiana. La vocazione al matrimonio le si manifestò a circa vent’anni allorché le venne chiesto di prestare servizio presso la casa di Carlo Barban, un suo vicino di casa, rimasto vedovo con due figliolette e con in casa il fratello più giovane ed il padre anziano. Soprattutto le due bambine necessitavano di una presenza femminile stabile che impartisse loro un’appropriata educazione umana e religiosa. Pertanto, il parroco ed i parenti si adoperarono per convincere la Serva di Dio a sposare il Barban ed ella, spinta prevalentemente dallo spirito di carità nei confronti delle persone che assisteva, accettò volentieri.

Il matrimonio fu celebrato il 5 maggio 1886 e da tale unione nacquero nove figli. La Serva di Dio con mitezza e pazienza riuscì a migliorare il carattere del marito. Formò cristianamente i figli, tre dei quali sarebbero diventati sacerdoti, educandoli con la parola e con l’esempio ed aiutandoli con prudenza nel discernimento della vocazione. Oltre alla prole da lei generata, accolse in casa altri bambini bisognosi e li guidò santamente sulle vie di Cristo. Per contribuire al sostentamento della famiglia, lavorava in casa come sarta e insegnò questo mestiere a diverse ragazze. 

Desiderosa di seguire l’esempio del Poverello d’Assisi, nel 1920 si iscrisse al Terz’Ordine Francescano e ne visse con impegno la spiritualità, aspirando costantemente alla santità. Nell’umiltà e nel nascondimento della vita quotidiana, esercitò le virtù cristiane con impegno, perseveranza e diletto spirituale, conformemente agli impegni battesimali e al suo stato laicale.

Credette fermamente in Dio e nelle verità rivelate, Lo amò sopra ogni cosa e sperò di poterLo un giorno incontrare. Era continuamente immersa nella presenza del Signore e coltivò l’unione con Lui mediante la preghiera incessante, la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura, la devozione alla Santissima Trinità, alla Passione di Gesù, all’Eucarestia. Partecipava ogni giorno con fervore e raccoglimento alla Santa Messa. Ebbe un affetto filiale verso la Madonna Addolorata e quotidianamente recitava il Santo Rosario insieme alla propria famiglia. Rispettò ed onorò il Santo Padre, i vescovi ed i sacerdoti. Diffondeva gioia attorno a sé, riuscendo a vedere, anche nelle circostanze più tristi, la mano di Dio, che governa con sapienza ogni cosa. Esortava i suoi familiari e quanti l’avvicinavano ad avere il pensiero rivolto alla beatitudine eterna.

L’amore verso Cristo la spinse a svolgere una feconda opera di apostolato tra le ragazze che frequentavano il suo laboratorio di sartoria e tra quelle che vedeva in pericolo morale: le avvicinava, le consigliava, le esortava ad aderire alla volontà di Dio. Richiamava i peccatori sulla retta via e offriva al Signore sacrifici per la loro conversione. Si dedicò con particolare abnegazione all’assistenza del suocero malato, all’accoglienza dei pellegrini e dei poveri, alla visita degli infermi. Fomentò la pace attorno a sé e con tatto ed umiltà riuscì a comporre molte liti, riportando la concordia là dove c’erano stati dissidi. Persone di ogni dignità e condizione sociale, avendone constatata la non comune prudenza, la consideravano un’autentica maestra di spirito.  

Figlia spirituale di San Francesco d’Assisi, fu povera, semplice, temperante, modesta. Praticò esemplarmente la giustizia verso Dio, verso la famiglia e il prossimo. Per i suoi lavori chiedeva sempre una ricompensa equa. Sopportò con serenità e fortezza d’animo l’infermità che la colpì nel novembre 1931 e che segnò il periodo finale della vita terrena. Morì l’8 gennaio dell’anno successivo e le sue ultime parole furono una professione d’amore verso Dio a cui aveva dedicato tutta l’esistenza, dicendo: “Mio Dio, vi amo sopra ogni cosa”.

In virtù della fama di santità, il Vescovo di Padova ha iniziato la Causa di bea-tificazione e canonizzazione con la celebrazione del Processo Cognizionale negli anni 1975-1977. La validità giuridica di tale Processo fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 27 gennaio 1995. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la procedura solita, se la Serva di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, l’11 marzo 2003, si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 7 maggio successivo, sentita la relazione del ponente della Causa, l’Ecc.mo Mons. Luigi Dossena, Arcivescovo titolare di Carpi, hanno riconosciuto che la Serva di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

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